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Arguto, iconoclasta, surreale, onirico, caleidoscopico: così è stato descritto Amorose Bierce. Scrittore fra i più intriganti della letteratura americana e popolarissimo giornalista del fin-de-siècle d'oltreoceano, Bierce è l'enigmatico interprete di un'epoca che, se da un lato si sta aprendo alla psicanalisi, dall'altro crede ancora ai fantasmi e non riesce a elaborare il lutto fratricida della tentata Secessione. "L'uomo che usciva dal naso", "L'uomo e il serpente" e "Gli occhi della pantera", pubblicati rispettivamente nel 1887, 1890 e 1897, coprono un arco di dieci anni durante i quali a Est si affermano i grandi monopoli industriali ed esplode l'immigrazione, mentre a Ovest si conclude il mondo liquido della Frontiera. I tre racconti si rivelano oggi sorprendentemente attuali per l'intuito con cui trattano temi quali la (de)costruzione dell'identità di genere, l'ossessione, la paura, il post-umano.