Tab Article
Nell'immediato dopoguerra il cammino della poesia europea, che dalle sue radici romantiche, attraverso simbolismo e surrealismo, era approdato in Italia all'ermetismo degli anni Trenta, sembra giungere ad un'impasse. Dal contatto con la tragedia bellica nasce l'urgenza di squarciare il velo dell'assoluto poetico per tornare a testimoniare concrete esperienze di uomini nella storia. Una nuova disposizione inizia a prendere corpo nella seconda metà degli anni Cinquanta attraverso le voci di Giorgio Caproni, Franco Fortini, Mario Luzi, Vittorio Sereni, Andrea Zanzotto, i quali pur percorrendo sentieri isolati rivelano al fondo del proprio operare poetico alcuni orientamenti comuni: la scelta narrativa e prosastica, il confronto con la tradizione, l'estraneità nei riguardi della neo-avanguardia come del nuovo orfismo. La presente indagine si propone di osservare tale generazione sotto l'angolo dei suoi rapporti con la poesia francese componendo, attraverso una mappa introduttiva e alcuni sondaggi monografici, un quadro della ricezione della poesia d'Oltralpe in Italia tra gli anni Cinquanta e Ottanta: è l'epoca in cui si rileggono in chiave negativa i grandi maestri Arthur Rimbaud e Stéphane Mallarmé, si riscopre il realismo espressionistico di Charles Baudelaire, si traducono i versi del giovane André Frénaud e s'intessono cauti dialoghi con i maggiori poeti coevi Jacques Prévert, René Char, Henri Michaux, Francis Ponge.