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Se Platone diffidava della scrittura in quanto, a suo parere, testimonianza muta di idee e narrazioni sempre uguali a se stesse perché fissate e immobilizzate sulla pagina, l'interpretazione, o ermeneutica, si stava sviluppando fin dai suoi tempi in parallelo alla scrittura creativa, della quale studiava e sondava, oltre al senso manifesto, le implicazioni testuali più complesse, oblique o segrete. In effetti, non solo la lettura comune, ma l'arte della lettura, si è sempre accompagnata all'arte della scrittura e, in tempi recenti, si è configurata come un ampio comparto di critica letteraria, soprattutto accademica, con varie metodologie empiriche e teoriche che, nell'affrontare l'arte della scrittura, possono illuminarla, ma anche prevaricarla. Di vari approcci critici si dà conto nella prima parte di questo volume in chiave problematica, con studi dedicati ai concetti di canone e di classico e riflessioni su ermeneutica e critica letteraria. Si passa poi a considerare l'autore in quanto primo critico di se stesso nella messa a punto della sua opera: da T.S. Eliot a Emily Dickinson, a Marianne Moore, a Wordsworth e a Shakespeare. Un saggio sulla conclusione congetturalmente drammatica degli ultimi sonetti shakespeariani rivolti al fair youth precede un'ultima parte dedicata al rapporto fra interpretazione e traduzione della poesia e del dramma: che è a sua volta un'arte, pur di secondo livello.