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A dispetto del titolo, ispirato a un'affermazione di Italo Calvino sui nomi delle sue Città invisibili, la convinzione che muove questo libro è che i nomi propri molto importino in un testo letterario. Il paradosso vuol mettere in rilievo il ruolo che nel volume è assegnato a strategie di significatività onomastica più complesse di quelle fondate su una diretta centralità del nomen (cioè sulla sua allusività e connotatività), e persino alla sua assenza, talora altrettanto carica di valori interpretativi. Presupposto qui verificato su differenti fenomeni e stagioni del nome proprio letterario: la dialettica tra realismo e altre più nascoste motivazioni onomastiche nella novellistica di Masuccio, Straparola e Bandello, la ricezione e le motivazioni della non nominatio, in particolare nei romanzi di Foscolo e Manzoni, e ancora le peculiari funzioni della toponimia letteraria in scrittori novecenteschi come Vittorini, Calvino, Consolo e Nigro.