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Esercitata a partire dai primi anni trenta del Cinquecento da diversi pulpiti d'Italia, particolarmente nella Roma farnesiana di Paolo III, poi ancora di Pio IV e del giovane Carlo Borromeo, l'oratoria sacra in lingua volgare del conventuale piacentino Cornelio Musso (1511-1574), vescovo di Bitonto e padre conciliare, inaugura la storia moderna di tale genere che, lasciati definitivamente alle spalle modi e forme della predicazione medioevale, ancora vivi per certi aspetti in quella quattrocentesca, si ispira, fiduciosa nelle risorse della parola eloquente, ai grandi modelli della retorica classica e patristica. Sollevandosi alla dimensione della letterarietà, l'esperienza oratoria del dotto francescano umanista, formatosi a Padova tra Aristotele e Bembo, segna la strada sulla quale si sarebbero incamminati il più celebre 'discepolo' Francesco Panigarola e, sulle sue orme, i rappresentanti della rigogliosa stagione dell'oratoria sacra secentesca. Questo volume prende in esame, da una prospettiva prevalentemente retorico-letteraria, il corpus delle prediche di Cornelio Musso, due delle quali vengono proposte, con funzione di esempio, in prima edizione moderna, nell'intento di dare ragione del carattere di novità e del grado di responsabilità culturale, oltre che spirituale, di cui erano portatrici entro la temperie storica degli anni contigui al Concilio di Trento.