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Riconoscibili icone dei versi gozzaniani, le figure femminili cantate dal poeta si offrono come chiave di lettura privilegiata per l'accesso al suo sofferto e contraddittorio universo lirico, tessuto di ripiegamenti regressivi e aneliti verso mete inarrivabili, provocatorie profanazioni e rifugi in una artificiosa vita-nella-letteratura quale illusorio baluardo per sfuggire alla contaminazione del reale. Nelle trame dell'opera, il ruolo semantico delle tante muse evocate da Gozzano, da lui e a lui tutte parimenti negate, si lega così costantemente ai principali nodi tematici su cui la sua poesia ritorna di continuo, dalle prime prove in odor di dannunzianesimo fino a quelle degli ultimi anni. Desiderio (spesso solo recitato) e rinunzia (vista anche come salvezza) si mescolano e si confondono nei colloqui del poeta con le sue signore e signorine, apparentemente molto diverse l'una dall'altra, ma nelle parole dei versi puntualmente riconducibili alle ipotecanti fascinazioni della prima e dell'ultima delle donne gozzaniane, di colei che precede (e dà) la vita e di colei che consente di superarla nella morte. In una asfissia sentimentale senza scampo, i fantasmi della Madre e della 'Signora vestita di nulla' serrano nella propria morsa comparse e protagoniste, fino al rifiuto opposto dal poeta alla 'bella e folle' Amalia, amica reale e personaggio dei Colloqui, accomunata tanto nella vita quanto nella letteratura alla sorte di tutte le altre rose da Gozzano amate proprio perché non colte.