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La questione della psicosi viene qui articolata nei due piani della descrizione fenomenologica e della comprensione genetica dei suoi modi di apparizione. La ricerca si svolge attraverso un dialogo serrato con la ricerca neuroscientifica e con il vasto ambito delle scienze umane applicate. Alla nozione di "codice" è affidata la possibilità di un dialogo epistemologicamente fondato tra "scienze della natura" e "scienze dello spirito", che consente all'autore di declinare il disagio psicotico nei termini di una ricodificazione sensoriale dei processi noetici. L'autore tenta inoltre di delineare le coordinate entro cui si dà la possibilità dell'incontro con la persona sofferente, mostrando come, nell'incontro con il mondo psicotico, il terapeuta si trovi a dover sostenere con ostinazione una posizione singolare, quella di chi si fa testimone dell'impossibilità dell'incontro e, nel contempo, in virtù di questa sua ostinazione testimoniale, di chi si fa custode e garante di una grammatica della possibilità. Solo nel parlare e nell'ascoltare, nell'incessante richiesta di chiarimenti, nel cauto e rispettoso domandare, nell'accogliere con autentico interesse per l'umano e le sue determinazioni possibili, l'altro sofferente può essere ricondotto al dominio del possibile, e quelle peculiari oggettività ideali, irrigidite nella fissità delirante, possono, forse, essere sfaldate e restituite a una vita ulteriore.