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Lo scenario è uno dei più "contrastati" e smaglianti dell'Alta Asia, la storia quella di Temujin, meglio noto come Gengis Khan. Una storia che René Grousset ricostruisce risalendo alle sue remote scaturigini mitiche - l'accoppiamento tra il Lupo Grigio-Blu e la Cerbiatta Selvatica, capostipiti di quella che diventerà la "razza di ferro" dei Mongoli - e racconta con ritmo serrato, senza per questo tralasciare alcun dettaglio rivelatore. Assistiamo così alle vicende dell'avo di Temujin, Qutula, sorta di Eracle mongolo la cui voce rimbomba "come il tuono nelle gole delle montagne", e del padre, Yesugei il Coraggioso, già in lotta con quella Corte cinese che tratta i nemici con crudeltà esemplare, impalandoli o bollendoli in giganteschi pentoloni. Poi alla nascita e alla crescita di un bambino "dagli occhi di fuoco", "il viso acceso da un bagliore misterioso", che non esita a sbarazzarsi del giovane fratellastro prima di unirsi alla bellissima moglie Borte, "consigliera avveduta e autorevole". Poi ancora alla lunga teoria di scontri vittoriosi contro i Merkit e i principi mongoli avversari, fino alla conquista dell'egemonia indiscussa attraverso la "battaglia della Tempesta" (contro l'intrigante fratello di sangue Djamuqa) e quella "dei Settanta mantelli di feltro" (contro le ultime resistenze tatare). E infine all'espansione di un regno quasi senza limiti, esteso fino al Palazzo imperiale di Pechino e alla Via della Seta.