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Nel «sole di gennaio» Bianca Borsatti osserva sciogliersi il gelo di una condizione umana, che vede scorrere il tempo sull'onda di un potere metamorfico dei processi naturali, e chiede alla poesia di far persistere la fragranza di un passato che ritorna puntualmente a farsi motore primario dell'immaginazione. Il verso, anche quand'è scarno ed essenziale nella sua espressività immediata, martella i suoni di un dialetto musicale e si fa diaframma, che invita il lettore ad oltrepassare il tratto della specificità territoriale - Claut e la Valcellina - e rendere il pensiero duttile nella sua fruizione di universalità del sentire. L'autrice sa toccare la corda del cuore con una semplicità che disarma nell'attimo in cui invoglia all'approfondimento lungo il ritmo di una poesia, che si dilata in una gamma molteplice di opzioni, da quella lenta di un godimento dei tempi e delle cadenze dello sviluppo lirico a quella mossa della meraviglia di un incanto naturalistico. (dalla presentazione di Enzo Santese)