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II gesuita Gerolamo Saccheri aveva circa trent'anni quando nel 1696-97 pubblicò la "Logica demonstrativa", un manuale scritto in occasione del suo primo incarico didattico importante, nel Collegio dell'Ordine a Torino. A prima vista il testo rientra nell'alveo della immensa trattatistica di logica aristotelica, ininterrotta dal Medioevo. Invece è un unicum nella storia della disciplina. L'autore si propone di esporre la materia non m modo descrittivo, come sempre era stato fatto, ma assiomaticamente, individuando "principi" da cui derivino i noti risultati sui sillogismi validi. L'obiettivo viene lucidamente formulato: ottenere per la logica lo stesso rigore della geometria, seconda l'esempio e il modello di Euclide. Con finissima sensibilità assiomatica Saccheri raggiunge pienamente lo scopo, prima impiegando, tra gli altri, un assioma del tutto plausibile, ma, diremmo noi, "extra-logico"; poi riuscendo a eliminarlo con un elegante procedimento deduttivo (la via nobilior). Una pari lucidità è dispiegata nel trattamento del problema delle definizioni, anche in questo caso con un salto di livello rispetto a ogni trattazione precedente. Ma l'opera, forse troppo audace negli scopi e nei metodi, dopo l'iniziale diffusione e varie ristampe nei primi anni, misteriosamente non fu più utilizzata, sembra, dallo stesso autore e fu riproposta solo postuma come affettuoso omaggio di allievi.