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Pubblicati a Lisbona nel 1609, i "Commentari reali degli Inca" appaiono da subito come un libro destinato a lasciare una traccia profonda nella storiografia moderna: essi infatti sono opera di Garcilaso de la Vega, detto "l'inca", un meticcio figlio di un capitano spagnolo e di una peruviana di sangue regale, e rappresentano dunque il primo tentativo di uno sguardo "dall'interno" nella realtà della civiltà precolombiana. La monumentale opera di Garcilaso, in cui si uniscono le memorie della tradizione incaica alla narrazione della conquista spagnola, è però qualcosa di più di un semplice resoconto storico. La scrittura fluida e maestosa di Garcilaso - ritenuto uno dei maggiori prosatori di lingua spagnola - tesse un racconto in cui si sposano l'antico e il moderno, il mito e la cronaca, la nostalgia di un passato irrecuperabile e la coscienza dell incedere degli eventi: un racconto, pertanto, "meticcio" come il suo autore, e apolide nel panorama dei generi letterari. E ancora oggi le sue pagine si presentano a noi come l'orizzonte in cui il Nuovo Mondo perde definitivamente la propria estraneità agli occhi dell'Occidente.