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"Le due storie raccontate da Fulvio Tomizza in "Fughe incrociate" si svolgono tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento, e hanno per tema la conversione: l'ebreo Mandolino da Sacile diventa cristiano e il cristiano Leandro Tisanio da San Vito al Tagliamento diventa ebreo. Sono storie veramente accadute che Tomizza, con la sua vocazione a far parlare (come avrebbe detto Joseph Roth) gli "annali dimenticati", trasforma in avvincente materia narrativa. Qui la conversione si stacca dalle folgoranti sfere dell'illuminazione divina e si adegua alle cadenze della vita di due paesi veneti: più che altari incontriamo botteghe artigiane e banchi dei pegni, in un turbinio di voci e sospetti che mai assurgono alla violenza del dramma. Le stesse ombre dell'Inquisizione restano in una cauta distanza, senza la livida ossessione degli spettri. Eppure, la conversione di Mandolino e di Leandro risveglia, per opposti motivi, antiche diffidenze e ostilità di razze, malinconie di esili e di segregazioni; e solleva partecipazione umana allo sgomento dei famigliari abbandonati, padri e mogli, che di quel distacco e di quell'oblio sembravano farsi una colpa. Tomizza non si pone nel ruolo di un giudice che potrebbe sfruttare la distanza del tempo: per Tomizza, la storia, le carte, i nomi sepolti negli archivi sono soprattutto romanzo. Anzi, nient'altro che romanzo." (Giulio Nascimbeni)