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È nota la frase attribuita a Massimo d'Azeglio, "fatta l'Italia bisogna fare gli italiani", ma è concepibile provare a invertire la successione cronologica tra i due processi, giacché per fare l'Italia era pur necessario che esistessero in qualche forma e in numero sufficiente gli italiani, con un bagaglio di lingua e memorie comuni e di idee condivise, tra le quali la coscienza della propria arretratezza rispetto alla parte più sviluppata dell'Europa e il desiderio di superare la tradizionale frammentazione politica. La prima si affermò e si diffuse tra le classi colte a partire dagli ultimi decenni del Seicento, il secondo fu un portato dell'età rivoluzionaria e napoleonica, in cui ebbero un peso determinante lo sconvolgimento degli antichi assetti politici e l'esperienza dello Stato moderno con i suoi ordinamenti, i codici, l'esercito, la scuola. Di qui la periodizzazione adottata, che abbraccia quasi un secolo e mezzo di storia italiana e fa largo posto, accanto agli aspetti politico-istituzionali e alle vicende culturali, alle strutture economiche e alle forme di socialità proprie del nostro lungo Settecento.