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Il sublime è tradizionalmente legato a una concezione dell'uomo che viene profondamente messa in discussione nel Novecento, tanto da spingere alcuni autori a constatarne la morte. Non sembra esserci più posto per il sublime egotistico alla Wordsworth o per l'esaltazione eroica della grandezza dell'uomo che, pur nella sua limitatezza, sfida i misteri dell'universo rivolgendo gli occhi alle stelle. Se il sublime eroico dì stampo romantico ha esaurito il suo tempo, quello religioso viene messo in crisi dal rifiuto del divino, mentre si allontana anche la possibilità del sublime naturale, basato sull'armonia tra l'essere umano e il mondo esterno. Attraverso lo studio di tre testi cardine della letteratura novecentesca - La terra desolata di T. S. Eliot, Mrs. Dalloway di Virginia Woolf e Ulisse di James Joyce - il libro analizza le forme assunte dall'esperienza sublime nel modernismo, arrivando ad affermare che non solo il sublime è vivo nel Novecento, ma che esso rimane come una tensione potente, in grado di influenzare tutti gli aspetti principali della creazione letteraria, modificandone i meccanismi e coinvolgendo l'autore, il testo e il lettore. Postfazione di Piero Boitani.