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«Se ne scrivono ancora»: così, negli anni Sessanta del Novecento, Vittorio Sereni esprimeva il proprio stupore di fronte alla sopravvivenza, al perdurante privilegio della poesia. Mezzo secolo dopo, dovremmo forse affermare: «Se ne leggono ancora». Malgrado le troppe banalità intorno alla crisi della poesia italiana e alla sua scarsa visibilità, questo genere è capace di resistere e rinnovarsi. Le molte voci che inverano il poetico seguono infatti un originalissimo percorso mediale, tanto più prezioso perché realizzato dentro il mondo della transmedialità. Valorizzando la propria attitudine a confondersi con la lingua di tutti, la poesia assolve compiti forse cruciali: ricordarci la fragilità dell'esperienza estetica, e insieme reclamare lettori che sappiano entrare nei testi con strumenti diversi da quelli che la tradizione (anche del Novecento) ci ha lasciato in eredità.