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I Quaderni del carcere di Antonio Gramsci aprono una nuova stagione del pensiero politico non solo marxista, obbligandolo a confrontarsi con la "politica di massa". A partire da questa acquisizione il volume ricostruisce la rilevanza che sempre più chiaramente Gramsci conferisce alla società, in quanto luogo nel quale si diffonde, si legittima, ma anche ormai si produce l'ordine. La presenza di questo nuovo modo di affrontare il problema dell'ordine politico risulta già dall'analisi degli scritti precarcerari e soprattutto dal confronto gramsciano con le scienze sociali del suo tempo. L'uso di concetti apparentemente antinomici - organicità e rivoluzione, equilibrio e crisi, passività e attività - mostra quindi una scomposizione e ricomposizione possibile della società all'interno di una teoria politica rivoluzionaria adatta all'epoca della politica di massa. Come la scienza politica deve fare i conti con la scienza sociale, così la teoria rivoluzionaria deve porsi il problema della riproduzione costante della società. Su questo versante gli scritti gramsciani risultano eccentrici rispetto a quelli dei contemporanei pensatori marxisti, presentando uno spettro di riferimenti esterni a questa tradizione tali da conferirgli una rigogliosa vita postuma.