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«Credo che oggi si debba avere fiducia non tanto nella società, quanto piuttosto nell'essere umano. Nell'individuo. Deve esserci un modo per vivere un po' meglio.» Per tutta la vita Giorgio Strehler ha alternato alla carriera artistica l'impegno politico, con pari passione e ardore: oltre a essere stato un faro per la scena teatrale nazionale, infatti, per quasi mezzo secolo ha pubblicato articoli sui principali quotidiani italiani e ha militato nei partiti della sinistra, fino a essere eletto prima al Parlamento europeo e quindi al Senato, sempre intrecciando ai grandi eventi storici del secondo Novecento le proprie riflessioni e i propri vissuti. Le "Lettere agli italiani" raccolgono il fiore di questa lunga esperienza da intellettuale pubblico, il suo pensiero sull'eredità della Resistenza, sull'emergere del razzismo, sulla fine dell'Unione Sovietica, sulla necessità di unire culturalmente l'Europa in «un nuovo Umanesimo europeo» ancor prima che a livello di istituzioni, su Tangentopoli e sul crollo della Prima Repubblica, sul bisogno di giustizia e sugli eccessi del giustizialismo. Quelle di Strehler sono considerazioni mai banali e sempre espresse con coraggio, esponendosi in prima persona nelle assemblee e sulla carta stampata, all'interno delle quali trovano spazio inediti e intimi ritratti di luoghi e personaggi: dalla Trieste dell'infanzia alla tanto amata Milano, da Sandro Pertini a Norberto Bobbio, senza dimenticare il compagno di strada Paolo Grassi, con cui fondò il Piccolo Teatro. Queste pagine - arricchite dalla prefazione di Ferruccio de Bortoli - rappresentano una testimonianza unica di impegno civile e delle possibilità che ha l'arte di «agire tra le strade del mondo». Un invito che dal cuore del turbolento XX secolo giunge intatto sino a noi: perché il palcoscenico del presente torni a essere un luogo in cui la voce e le speranze degli uomini possano risuonare.