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Fish and chips è più buono se mentre ci unge le mani ascoltiamo i Beatles. Un'insalata è più gustosa se servita con un impiattamento ispirato a Kandinskij. Il calice di vino a 45 euro ci sembra migliore dello stesso vino pagato 5 euro. E sappiamo tutti benissimo quanto ci attrae di più una bella fragola rossa rispetto a un cavolo viola. Mangiamo perché dobbiamo nutrirci, ma non solo: il cibo più che di pancia è una questione di cervello. Le neuroscienze se ne sono accorte e si sono messe a studiare la nostra percezione del cibo, trovando che mangiare risponde non solo al primitivo, indispensabile bisogno di sazietà, ma soprattutto al bisogno di gustare; dalla scelta di un alimento al suo assaggio, mangiare mette in moto una serie di meccanismi cognitivi - ancestrali o nuovissimi - che impegna ogni lembo del nostro organo più misterioso. "Guida per cervelli affamati" ci racconta il rapporto tra i nostri neuroni e quello che abbiamo nel piatto, sondato grazie a caschetti che identificano in tempo reale l'oggetto del nostro desiderio culinario, misuratori che rilevano la dilatazione delle nostre pupille davanti a un piatto e scanner che fotografano l'attività del nostro cervello mentre lo assaporiamo. In un viaggio fra menù thailandesi e menù marziani, dessert a forma di spugnette per lavare i piatti e uova centenarie, Carol Coricelli e Sofia Erica Rossi ci spiegano perché mangiamo quel che mangiamo e come ci siamo evoluti dalla raccolta delle bacche ai piatti molecolari, perché il suono che fanno le patatine sotto i nostri denti ci dà un piacere tanto intenso e la paura degli insetti ci fa provare disgusto di fronte a uno stufato di cavallette (anche se sappiamo che mangiarlo regolarmente farebbe molto bene al nostro pianeta). E soprattutto come mai, anche se la pancia è piena, c'è sempre posto per il dolce.