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È giusto uccidere? Che qualità deve possedere un uomo per essere considerato tale? Esistono guerre legittime, o l'idea stessa del conflitto è assurda? Che cosa significa vivere? E morire? Sono queste le domande alle quali rispondono i contadini siciliani di Partinico sotto lo sguardo di Danilo Dolci, che ascolta, stimola, partecipa dei dubbi. Il vecchio locale in cui si riuniscono, nel quartiere di Spine Sante, non ha finestre e la porta resta sempre aperta: non solo per far circolare l'aria, ma soprattutto per permettere a chi si è attardato nei campi di unirsi anche a riunione iniziata. Ciascuno è chiamato a contribuire con critiche, riserve, prospettive. Donne e uomini, senza distinzione; e chi potrebbe intimidire gli altri e influenzare le loro opinioni parla per ultimo. Il dialogo - aperto, libero, attento - è lo strumento d'elezione attraverso il quale Dolci indaga il malessere delle classi più disagiate della società italiana del secondo dopoguerra, senza partire da un'ideologia astratta, ma concentrandosi sui problemi irrisolti che emergono dal vissuto quotidiano dei contadini. Il confronto dialettico diviene allora la verifica delle esigenze morali e materiali dei singoli individui, il primo passo verso quella comunità autentica, libera da pregiudizi e vincoli autoritari, sognata da Danilo Dolci; una comunità capace di porre le basi per un domani libero dai "mali di ieri", quali l'ignoranza, la miseria, la guerra.