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"Questo fascicolo di "Aut aut" è un tentativo di affrontare la grande questione del tradurre e della traduzione da una prospettiva meno consueta e ovvia per una rivista di filosofia. Le pratiche del tradurre sono diversificate e diffuse, e tra queste pratiche, che possono cominciare su un banco di scuola o quando sentiamo un annuncio alla stazione di Bolzano, e la considerazione filosofica attorno al nodo della "possibilità" o "impossibilità" della traduzione di un testo saggistico o letterario, ci sono canali di comunicazione rari e non sempre battuti. Il tentativo è appunto quello di favorire questo transito (nei due sensi) declinando il "compito" del traduttore di benjaminana memoria, che è già una prima e importante mossa dalla speculazione verso la pratica, nei compiti del traduttore intesi come agenda ampia e plurale di problemi che agiscono su dimensioni diverse e che dovrebbero trovare nello sguardo filosofico non un imbuto ma un moltiplicatore, non un esito concettuale ma un operatore che ci riconduce alle pratiche specifiche, alla formazione dei punti ciechi, alla descrizione dei compromessi tra lingue, insomma alle "esperienze di traducibilità" contrapposte ai paradigmi di pensiero più o meno idealizzati." (dalla Premessa di Pier Aldo Rovatti)