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Un'esplorazione storica, architettonica e letteraria della cultura dei giardini in Lombardia e Veneto tra fine Settecento e metà Ottocento. Giardini come espressione di una realtà culturale vasta e articolata, fortemente influenzata dalla concezione paesaggistica d'Oltremanica che soppiantò le linee regolari e geometriche dei giardini all'italiana e introdusse motivi "a effetto" come ruderi classici, angoli incolti, grotte e specchi d'acqua di forma irregolare. L'autrice riscopre un affascinante percorso artistico ed estetico legato a ogni progetto. Come a Milano, dove, prima della realizzazione dei Giardini Pubblici, l'architetto Ercole Silva (amico di Cesare Beccaria) evidenziò la funzione spirituale e terapeutica del verde cittadino come "contenimento dell'anima". Oppure a Menaggio, dove un facoltoso banchiere tedesco commissionò la creazione di sottili rimandi alle "Affinità elettive" di Goethe nel giardino di casa sua. Lo stesso Alessandro Manzoni fu un appassionato di botanica e il poeta veronese Ippolito Pindemonte intuì per primo le potenziali suggestioni ariostesche di Valeggio sul Mincio.