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Hanno fatto scalpore, suscitato infiniti dibattiti, scandalizzato e sconcertato. Li hanno chiamati "narrative invaders", cannibali, pulp, buonisti e cattivisti. Fenomeno generazionale o di tendenza per alcuni, l'esordio di autori come Brizzi, Ammanniti, Nove, Ballestra e Santacroce (e di molti altri) è stato un evento culturale importante. Emersi al seguito del lavoro pionieristico di Pier Vittorio Tondelli, hanno introdotto in modo dirompente nella forma-romanzo elementi della contemporaneità: l'iperconsumismo, i centri commerciali (nuovi luoghi/non-luoghi della vita collettiva), i codici delle tribù giovanili, i gerghi, le citazioni musicali che funzionano come una colonna sonora della pagina scritta. Facendo della televisione un soggetto attivo della narrazione (con un universo ipertrofico di programmi, icone del video, spot pubblicitari) propongono una riflessione critica sull'essere immersi nel mondo dei media ed evidenziano il problema del legame tra consumo, identità, immagine di sé e appartenenza al gruppo di riferimento nelle giovani generazioni.