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Con il poema in ottave dedicato alle ninfe di Fiesole il Boccaccio porta a compimento (pare intorno agli anni 1344-1346) la grande stagione creativa pre-decameroniana. Ritornato a Firenze (agli inizi degli anni Quaranta) dopo il lungo periodo formativo napoletano, egli si riappropria del mito eziologico della città toscana raccontando la semplice storia d'amore e di morte che ha per protagonisti il pastore Africo e la ninfa Mensola. Reminiscenze di storie del patrimonio classico e riferimenti alla realtà municipale, prelievi stilistici dalla maggiore tradizione volgare e cadenze e accenti provenienti dall'umile repertorio dei cantari, vagheggiamenti mitologici che convivono con un'inusitata demistificazione dello sguardo: in quest'opera il Boccaccio mostra la duttilità del proprio ingegno poetico e le proprie straordinarie capacità innovative. Il "Ninfale fiesolano" si presenta come momento di sperimentazione immaginativa e linguistica in vista della realizzazione del capolavoro della maturità del narratore: il "Decameron".