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Nel mondo c'è troppo. Ci sono troppe cose perché tutte possano starci. Eppure ci stanno. Si tratta di vedere come è possibile. Il termine "aggiunta" individua l'esatto dispositivo (filosofico, teologico, affettivo e politico) tramite cui ciò, che pure è di troppo, tuttavia riesce a starci. Questo libro invita il lettore a guardare il mondo sotto specie di duplicità, non applicando da fuori una categoria soggettiva, ma lasciandone emergere fenomenologicamente il valore di aggiunta: l'aggiunta cioè sta dalla parte della cosa, non siamo noi a introdurla. Se è così, il problema di "come fa a starci" per un verso è assai più radicale di quanto potessimo sospettare (la saturazione non è una condizione provvisoria, ma strutturale: c'è sempre stato e sempre ci sarà troppo, per quanto ci si affanni a sfoltire), per l'altro è risolto in radice, perché l'escluso - ciò che è di troppo - è sempre già ammesso e perdonato, sempre già incluso. Collegando sinteticamente fenomeni molto diversi tra loro - alcuni lontanissimi, altri vicinissimi all'esperienza dell'uomo contemporaneo (dall'esperienza quotidiana della mancanza di spazio e di tempo, alla crisi del welfare state, alle discussioni teologiche sulla Trinità) - il libro cerca di svolgere il compito tradizionale di un'opera di filosofia: dire che cos'è la realtà. Le analisi si condensano quindi in una formula: l'essere è aggiunta. È questa la sua natura.