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L'epopea del ciclismo degli anni eroici e l'Italia popolare del Ventennio rivivono attraverso il ritratto di due temperamenti e di due destini opposti: quello di Alfredo Binda, il campione invincibile di Cittiglio, grande protagonista del ciclismo tra le due guerre, e Pietro Chesi, detto Pelo, oscuro indipendente, o diseredato, come lo definivano le cronache sportive dell'epoca, che, fuori dalle corse, abbracciò l'ideologia fascista indossando la camicia nera. Mauro Parrini ricostruisce le vicende di Binda e Chesi (coetanei, classe 1902) alternandole in un'avvincente narrazione, una corsa di coppia contro il tempo, come una volta si correva il Trofeo Baracchi. Tra i due la differenza di valore era abissale, ma a Pelo riuscì l'impresa di trionfare alla Milano-Sanremo del 1927 davanti al fuoriclasse varesino, vincendo la sua prima e unica competizione importante. Terminata l'attività agonistica, dopo l'armistizio divenne un milite della RSI. Accusato di delazione e collaborazionismo, fu catturato dai partigiani e fucilato a Firenze nel 1944. La fine di un'esistenza sempre vissuta al limite del traguardo.