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Classe 1920, cresciuto nel "periodo in cui essere italiano voleva dire essere fascista", Luciano Berti, ancora studente, nel luglio del 1940, passa dalla milizia universitaria alla Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Artiglieri di Lucca. Nel suo diario descrive, con semplicità e a volte anche con ironia, il periodo di addestramento, la disciplina militare, la nomina al 41° Artiglieria "Firenze". E poi la vita al fronte (quello albanese e jugoslavo) e l'impatto con la guerra. Dopo l'8 settembre assiste allo sbandamento dell'Esercito Italiano e all'internamento per molti nei campi tedeschi. Altri scelgono invece di aderire alla RSI. Tra loro anche Berti, che è inquadrato nella Divisione "Littorio", combatte sul fronte alpino e viene fatto prigioniero dai francesi. Il suo è il racconto onesto, senza censure né retorica, di una guerra combattuta in nome di ideali. Il racconto di un uomo perbene che ha fatto la sua scelta, in buona fede, con coraggio e con onore.