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Nel corso della guerra civile 1944-45 la provincia di Treviso rappresentò una delle zone più martoriate d'Italia. La presenza sul Cansiglio di un nutrito gruppo di partigiani bolognesi inviati dai vertici del Partito comunista italiano contribuì a far lievitare lo scontro fra le parti e il numero dei morti in una zona tradizionalmente poco incline alla violenza. La furia omicida di questi "vendicatori" si sviluppò soprattutto a guerra finita, quando i vinti avevano deposto le armi e si erano arresi, e risultò quindi più facile colpirli. Non poteva del resto essere altrimenti, dal momento che la vantata costituzione di "divisioni", "brigate" e "battaglioni" partigiani in termini di organici si riduceva alla presenza di reparti numericamente poco consistenti che operavano con tecniche di guerriglia basate su sabotaggi, imboscate e azioni "mordi e fuggi", provocando inutili e sanguinose rappresaglie pagate quasi sempre dalla popolazione civile. Alla prova del fuoco dello scontro frontale nei rastrellamenti del Grappa e del Cansiglio, queste forze, disorganizzate e mal equipaggiate, si sfaldarono riapparendo a guerra finita per occupare città deserte, sfilare da vincitori a fianco degli angloamericani e consumare le ultime vendette su militari e civili, i corpi della maggior parte dei quali - più di 2.000 secondo fonti partigiane vennero fatti sparire nelle numerose foibe della zona. Prefazione di Francesco Lamendola.