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"Il linguaggio è diretto e frontale, scorciato fin quasi senza scampo, ma altrettanto, quasi miracolosamente, dice proprio tutto quel che c'è da dire; come in parabole in cui, per esprimere l'infinito, il lessico necessario non ha affatto bisogno di esserlo lui pure. È il momento in cui si appalesa la tenuta del poeta, che è forte e risoluta. Il campo semantico, dunque, si restringe fino ad affilarsi, ma le bordate per tenerlo dilatato sono continue, delicatissime e al contempo poderose. Si può cantare qualunque situazione, versando in qualsivoglia condizione. Il poeta può trasformare la penuria o l'aggravio in posizione di privilegio del canto. Assunta Finiguerra lo fa da poeta di rango, utilizzando una delle tante insopprimibili lingue della letteratura europea. La tenerezza, l'ironia, fin quasi lo scherno, nei versi sfrontati e accorati di questa poetessa, stanno a indicare l'ottenimento di una leggerezza che può essere anche l'ossimoro di una, oggi, troppo a lungo temuta ponderosità".