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Dopo Soutine e Chagall, divulgatori di un multilinguismo proprio delle comunità chassidiche prima dell'avvento del nazismo, ecco la scultura di una donna-artista misteriosa e affascinante, dura e inflessibile, in settantacinque anni di viaggi, di incontri, di precarietà, di clandestinità, di persistenti ricerche sulle necessità creative, di evocazioni nostalgiche e tensione all'inquietudine, all'analisi, all'uso della memoria. Approdata a Roma nel 1925, compagna di Mario Mafai, vi trasferisce gli elementi di una cultura eccentrica e anarcoide, antiaccademica, eccitata e fantastica, colma di energia e di movimento, di ignote emozioni, con un pittoresco bagaglio di interessi musicali, di immagini della terra natale, di temi iconografici, primo fra tutti quello della maternità, coltivato nel corso degli anni senza farsi condizionare dalla tradizione.