Tab Article
Cosa hanno in comune il disastro dell'uragano Katrina che ha devastato New Orleans, lo tsunami che si è abbattuto sulle coste dell'Indonesia, la contaminazione ambientale da scorie chimiche di Love Canal o quella radioattiva che ha inquinato i pascoli saami della Lapponia svedese? Che differenze ci sono fra i disastri dell'Occidente e quelli nei Paesi in via di sviluppo? In che senso si può distinguere un disastro "naturale" da uno "tecnologico"? Qual è il modello interpretativo più efficace di cui disponiamo attualmente per comprendere un evento estremo? Molte discipline scientifiche, dalla fisica all'ingegneria antisismica, dalla psicologia alla statistica, stanno elaborando approcci e modelli teorici specifici per affrontare il problema dei disastri. In questo contesto interdisciplinare l'analisi antropologica può apportare un contributo originale chiarendo la complessa natura di prodotti storici propria dei disastri naturali, non già eventi ineluttabili bensì frutto dei profondi rapporti economici, politici, culturali e affettivi che legano comunità umane, tecnologia e ambiente. Attraverso un serrato dialogo con le scienze fisiche e con la geografia umana, l'antropologia applicata all'analisi delle catastrofi consente di comprendere le percezioni locali di rischio e i relativi processi di mutamento sociale, e di delineare cosi il grado di vulnerabilità a un disastro all'interno di una comunità.