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Nei confronti delle scienze della natura l'uomo si trova oggi costretto a scegliere se accettare con rassegnazione l'apparente ineluttabilità del loro senso pragmatico o se guardare con fiducia all'indicazione che pure da esse proviene di una esigenza di comprensione non riducibile alle categorie dell'uso. La scelta di senso pragmatico o religioso della verità e dell'esistenza non è determinata dal sapere scientifico, sebbene sia da esso indirettamente sorretta in entrambe le direzioni, ma emerge dalla riflessione sulla duplice indicazione epistemica che a ben vedere lo contraddistingue. L'una, diretta o interna, trova espressione nel concetto di legge naturale, che costituisce il metodo della rivelazione essenziale dell'oggetto del conoscere; l'altra, indiretta o esterna, è significativa della comparsa esistenziale di ogni cosa, ossia il miracolo, evento al tempo stesso certissimo ma assolutamente imprevedibile dalle procedure della scienza. Un'indagine preliminare sui concetti di legge naturale e di miracolo evidenzia non soltanto la loro stretta correlazione, ma anche la peculiarità dei due metodi conoscitivi, che risalgono all'oggettività dell'essere, l'uno, e all'unicità dell'esistenza, l'altro, i soli e fondamentali metodi dell'esperienza umana.