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Il libro è dedicato al cibo nella Grecia antica e a una storia dell'alimentazione: dal banchetto al sacrificio cruento, dal "rendere sacro" ai riti misterici. Risulta di centrale importanza la visione eleusina, che nella vita di un ellenico rappresentava l'esperienza suprema: indagata attraverso lo studio dei concetti di convito, offerta in olocausto, sacrificio e pratiche devozionali, essa culmina nella "vista del sacro", ovvero l'incontro con la contemplazione della divinità in una conoscenza mistica. Il cucinare appare quindi come un aspetto del tutto religioso, devoto e autentico: i sacri culti, i riti e le devozioni sono offerte di cibo alle divinità, laddove al sacrificio segue sempre il banchetto in cui si consuma la vittima immolata, al cospetto degli dèi che si inebriano a loro volta dei fumi e degli odori che si levano dagli altari sulla terra. In questo contesto il pasto serale (la "cena" veniva servita nel tardo pomeriggio) è il momento in cui sia le divinità - con l'ambrosia, il nettare e i fumi dei sacrifici - che gli uomini - usando le mani o lo spiedo per portarsi il cibo alla bocca - provano un vero e proprio piacere nel gustare le carni e il vino e nello stare a banchetto perché tutto è stato spartito e distribuito equamente.