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Graffiante, violento, delirante, questo e molto altro ancora è Killer7 (Grasshopper Manufacture, Capcom, 2005), opera videoludica che, "schizofrenica" come il suo protagonista, accorpa in sé molteplici identità medianiche e culturali, dai comics americani agli anime giapponesi, dal cinema di genere in stile Quentin Tarantino agli accorgimenti estetici di registi come Suzuki Seijun. Allineandolo quindi al neonato concetto di "videogioco d'autore", l'autore scava nei meandri testuali di Killer7, portandone alla luce significati e i simboli, e adottando un approccio accademico incentrato sulla cultura giapponese tout court (storia, letteratura, politica, religione), mette in risalto le riflessioni di stampo storico-politico che il titolo progettato da Suda Goichi è in grado di elaborare. Il quadro che ne emerge è quello di un'opera volutamente di difficile comprensione, quasi elitaria, spiccatamente postmoderna e allo stesso tempo profondamente radicata nella storia e nella cultura di un paese, il Giappone, che negli ultimi centocinquant'anni è stato pesantemente influenzato dall'ambiguo rapporto venutosi a creare con gli Stati Uniti d'America.