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La storia dei rom e dei sinti viene qui rievocata alla luce della cosiddetta "questione zingari", etichetta denigrante secolare, e inserita all'interno di una più ampia storia sociale dell'educazione europea, segnata dal progetto occidentale di una rieducazione ossessiva di questa minoranza. Il fallimento dei progetti tagliati sui cosiddetti "zingari" dal Settecento produsse l'immagine del soggetto "non-cittadino": crescevano gli stereotipi dello "zingaro" nomade, asociale, ladro; il positivismo rendeva quelle generalizzanti etichette delle tare razziali ineliminabili. Si aprivano anche per i rom e i sinti i cancelli dei campi di sterminio nazifascisti. Gli stereotipi che segnarono il destino di morte di questa minoranza (la più numerosa all'interno dell'odierna Unione europea) si sono conservati con incredibile continuità nella cultura dei "non-zingari"; tutto ciò riguarda la società maggioritaria e la scuola post-Auschwitz da essa progettata, in quanto ha spesso veicolato in passato, e soprattutto in Italia, lo stereotipo dello "zingaro" in continuità con le etichette fasciste di stampo razziale.