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Kurt Appel elabora una teoria teologica del tempo, mostrandone il ruolo centrale nella concezione di Dio da parte della filosofia speculativa - da Leibniz a kant, da Hegel all'ultimo Schelling. Il concetto di tempo si mostra così come una chiave decisiva per la comprensione di questi due complessi sistemi di pensiero, la filosofia e la teologia. Il tempo al quale noi normalmente pensiamo, quello lineare e meccanico dell'orologio, scorre uniforme e indefinito, sempre uguale. È una continuum senza qualità di sorta, neutrale e asettico, del tutto indifferente: e pretende di dettar legge. Indagando il rapporto esistente fra il tempo della rivelazione (nel paradigma biblico) e il tempo secolarizzato (del paradigma post-moderno), Appel mette in scacco i presupposti di quest'ultimo. Mostra come la concezione del tempo cronologico in eterna espansione sia del tutto insufficiente. E svela come il senso del tempo aperto dalla creazione di Dio e occupato dall'intimità di Dio risieda "nelle infinite costellazioni dell'affezione che fanno il mondo degno di essere vissuto e il regno di Dio ospitale per una creatura realmente finita" (P. Sequeri). L'eternità, in questo scenario, risulta momento di un tempo intrinsecamente liturgico, nel cui passato - aperto e sempre da riscrivere - ci perviene il nome di Dio, e la cui dignità risiede nella vulnerabilità, nell'indisponibilità e nell'apertura dell'essere. Una sorprendente teoria teologica del tempo. Un modo inaspettato di guardare al Dio cristiano che si dona come nostro ospite nel tempo. Postfazione di Pierangelo Sequeri.