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"Un libro che racconta la sopravvivenza di una famiglia cattolica durante il nazismo e l'impatto di un giovane con la situazione degli anni del dopoguerra, un libro sulla passione del fare libri (e su chi la ostacola) e sull'Italia vista dal difuori (con simpatia). "La sopravvivenza. Per sopravvivere fu fondamentale saper individuare le persone di cui ci si poteva fidare e quelle di cui era meglio non fidarsi. È chiaro che fino agli ultimi giorni della guerra ci furono dei pazzi che marciavano per strada con stivali chiodati e a chiunque gli venisse incontro urlavano in faccia provocatoriamente "Heil Hitler!", oppure vaneggiavano di una "prodigiosa arma del Führer". Intanto, ormai da un bel po', la maggior parte dei cittadini era diventata stranamente silenziosa. Si sperava nella fine della guerra e, nello stesso tempo, si temeva la vendetta di chi fino a poco prima, considerato inferiore, era stato assassinato, umiliato e derubato. "Ma dopo l'8 maggio 1945 fu comodo spacciare proprio questo prudente silenzio per la menzogna secondo cui si era stati contrari da sempre. Nelle città più piccole questo ritocco a posteriori dei curricula e delle carriere di partito non fu così facile, ma perfino lì continuò ad esserci una considerevole maggioranza di complici tolleranti. Io non fui tollerante, bensì furibondo, fino agli anni Sessanta-Settanta. "Il mio unico sogno era infatti quello di approfittare della libertà offertaci dalla pace, con la lettura, la partecipazione politica..."