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Chi dovrà scrivere in futuro una storia della metafora, non potrà trascurare questa opera di Giuseppe Testa per il punto di vista sicuramente singolare. Testa scrive: "Nei dieci anni d'oro della psicoanalisi (1895-1905) la fisica teorica faceva esplodere l'universo come una galassia nel frullatore; spazio, tempo diventano concetti discutibili, categorie opinabili... Allora (Freud) cominciò a sentire il proprio lavoro vicino a quello dei fisici. Può darsi pensasse di essersi inerpicato sulle spalle di quei giganti che per Newton erano stati Copernico, Galileo, Keplero: ma se il punto più elevato non era che la postazione di un astronomo, l'esploratore si era già fatto cosmonauta". Con la ovvia distanza temporale e spaziale, anche Testa si muove da cosmonauta. Il suo occhio rivolto soprattutto ad esporre gli esiti metaforici dei profumi venerei, ed in particolare quelli dovuti al mestruo, apre una strada sicuramente nuova per leggere le opere letterarie. D'altra parte Testa ci ricorda che ad alimentare la presenza di metafore degli odori del corpo femminile hanno contribuito false opinioni e luoghi comuni avvalorati nei secoli da una vasta letteratura fantasiosa: a partire dal Libro delle impurità femminili, scritto verso il Mille da al-Kulayni, per arrivare a Fliess, contemporaneo di Freud. Un'opera che si impone a giusta ragione come una rilettura illuminante della storia della rappresentazione del corpo femminile, da parte della cultura non solo dell'Occidente.