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Con il proliferare dei consumi il lusso ha assunto proporzioni nuove e connotazioni diverse da quelle di un tempo: non più fenomeno marginale, limitato a una piccola élite, è diventato un settore portante dell'economia. Ed è onnipresente nell'universo della comunicazione. Per la maggior parte delle scuole filosofiche greche e fino all'Illuminismo il lusso, in quanto sinonimo di eccesso e vanità, non poteva che allontanare l'uomo dalle gioie della semplicità, dell'indipendenza, della forza interiore. Inducendolo a una corsa forsennata verso i falsi piaceri, rammollendo il corpo e lo spirito, il lusso era additato come il vero responsabile della corruzione dei costumi. Nell'ultimo secolo, inoltre, il lusso ha marcato sempre più la differenza tra i ceti, costituendo l'elemento di distinzione e di ostentazione da parte delle classi dominanti. Ma, si chiede Lipovetsky, quanto è valida oggi questa interpretazione?