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La pubblicazione del Cavaliere di Sainte-Hermine, ultima opera di Alexandre Dumas padre, ha suscitato in Francia grande clamore. E non solo per il fatto, che fosse rimasto nascosto per centocinquant'anni un romanzo, scritto dall'autore forse più popolare di tutti i tempi. Ma per due ragioni speciali. Innanzitutto si tratta di un testo che nessuno aveva finora sospettato, tanto che la vicenda del ritrovamento costituisce da sola un romanzo del romanzo. La racconta nell'introduzione a questo volume l'uomo a cui si deve la scoperta, Claude Schopp. Alla morte dello scrittore durante la guerra Franco-Prussiana, per timore dei saccheggi delle truppe, il suo legatario sotterra in cantina le ultime carte dello scrittore. Fino a quando da un archivio dumasiano nella Boemia postcomunista, si ricompone il romanzo nelle mani del suo detective instancabile. La seconda meraviglia è che il romanzo è considerato l'anello mancante della catena che nelle intenzioni di Dumas doveva unire tutta la storia di Francia, dalla regina Margot al Conte di Montecristo: un romanzo della storia, cui mancava la stagione di Napoleone, il "despota della libertà". Così a Hector de Sainte-Hermine sono riconosciute tutte le virtù dei sui antenati: la forza di Porthos; l'audacia di D'Artagnan; la saggezza di Athos; la raffinatezza di Aramis; la nobile indulgenza di Edmond Dantès. È un aristocratico di sangue e di cuore, un marinaio senza paura. Uccide le tigri di Birmania e spara la pallottola che ucciderà Nelson vincitore a Trafalgar.