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La rivalutazione del pensiero di Max Scheler è in corso da oltre un decennio. Nuove ricerche e nuove pubblicazioni ripropongono i temi portanti di un pensatore non sempre apprezzato e capito come meritava. Gli studi antropologici e sociologici condotti in questo passaggio di secolo sulle questioni dell'empatia, della vita psichica e dell'essere sociale, ci restituiscono una immagine poco veritiera dell'uomo dei nostri tempi, che fa fatica a muoversi in una realtà priva di punti di riferimento. L'interrogativo sulla «posizione dell'uomo nel cosmo», come recita il titolo dell'ultimo, importante saggio di Scheler, è disatteso da pensatori che ignorano i moventi filosofico-teologici, per affidarsi al riduzionismo biologistico e psicologistico, orfano dell' «apertura di senso» richiesta dall'essenza enigmatica dell'uomo. Vincenzo Filippone-Thaulero dedica due ponderosi volumi al pensiero del maestro tedesco. Il primo di questi studi, Max Scheler. Fenomenologia della persona, riproposto in una versione aggiornata e con una nuova introduzione di Giovanni Ferretti, fa da apripista alle pubblicazioni che, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, sono dedicate all'inventore dell'«etica materiale dei valori», nonché co-fondatore della fenomenologia. La «riscoperta» scheleriana di Filippone-Thaulero è una indagine originale e per certi versi severa: la realtà dell'uomo non va cercata nel compimento di atti intenzionali che si connettono al sovramondo dei valori attraverso un procedimento riflessivo. L'essenza dell'uomo va ricondotta alla radice del «con» esistenziale dell'apertura radicale a Dio. Non per indirizzare l'atto dell'amore riconoscente, come pensa Scheler, al nucleo centrale dei valori, ma per ri-trovare il consistere «più-che-reale» dell'esistenza - altrimenti destinata allo smarrimento - nell'intenzionalità misteriosa del Darsi divino.