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La rivisitazione cristiana della modernità filosofica è il perno centrale che soggiace l'"apologetica" tilliettiana. Il modello di riferimento è quello tedesco, non francese, la linea che conduce da Kant a Hegel a Karl Rahner. La destra hegeliana, privilegiata dall'autore, espelle l'illuminismo antropocentrico ed ateo della sinistra post-'68. I nomi che Tilliette salva del paradigma francese sono quelli di Malebranche, Pascal e il primo Blondel. Sarebbe, tuttavia, la "svolta" di Hegel dopo la Fenomenologia, in direzione di una fede più "ortodossa" dal punto di vista cristiano, ad allontanare la cristologia filosofica dalla deriva gnostica contemporanea. Nel suo percorso, Tilliette tenta di ricucire lo "strappo" tra ragione e fede, proprio, con valutazioni opposte, sia della Neoscolastica antimoderna, sia del laicismo moderno. Il risultato è l'elaborazione di un pensiero, brillantemente ricostruito sul piano storico, che, volendosi mantenere in un rischioso equilibrio tra apriorismo ontologico e fattualità del dato rilevato, costituisce in realtà il polo complementare, di "destra", di quell'esegesi critica che, da "sinistra", divide radicalmente il Cristo storico dal Cristo della fede. In ambedue i poli il Gesù "reale" è perduto.