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L'uomo è un essere con l'altro, mai senza l'altro, mai contro l'altro. Nello sguardo sull'altro, egli si scopre come sé, costruisce la sua identità ed è realmente se stesso. Il rischio dell'uomo, che si nega a questo destino comune, è la caduta nell'inumano, la sconfitta della ragione. Gli uomini fanno parte di un'unità plurale più grande, l'umanità, nella quale tutti gli umani si ritrovano come a "casa propria", rimanendo ciascuno nella propria individualità, ma riscoprendo e coltivando le radici comuni delle loro reciproche identità e appartenenze. Le identità di ciascuno, così come le loro appartenenze, non sono separabili dalle identità degli altri, perché solo coniugate al plurale si realizzino nell'accoglienza reciproca, nella ricerca della solidarietà e nell'esercizio della comune responsabilità per il mondo e per l'uomo. Lui è come me vuole riannodare i fili di una lunga tradizione, che ha difeso, non senza incertezze e ambiguità, le ragioni del "tu" contro lo strapotere dell'"io". Le sconfitte dell'uomo sono state assai più numerose delle vittorie. Ma gli esseri umani, volendolo e lottando per essa, possono ancora vincere la sfida decisiva. L'aspirazione alla pienezza e al compimento interiore, presente in ogni essere umano, rimane vana e illusoria, se l'io nel suo viaggio alla scoperta di sé, non incontra il tu dell'esistenza e insieme si riconoscono soggetti e protagonisti di una relazione fraterna. Lo stato di compimento e di pienezza dell'essere, che ogni individuo umano rincorre, più che un "territorio" dell'io, costituisce un "orizzonte" plurale, nel quale confluisce il noi dell'esistenza concreta, nella consapevolezza che senza di esso la vita non ha lo stesso valore. È una vita che si apre sull'orizzonte dell'altro ed è nella sua apertura più totale che si afferma e si realizza l'essere dell'uomo.