Tab Article
Le Nuove sperienze elettriche secondo la teoria del Sig. Franklin e le produzioni del P. Beccaria sono l'opera con cui lo scolopio Carlo Barletti (1735-1800) si fece conoscere dalla comunità scientifica quando l'elettricità, dalla metà del XVIII secolo, divenne un fenomeno sensazionale, un'autentica novità filosofica in grado di suscitare appassionati dibattiti non solo nelle accademie scientifiche, ma anche nelle corti e nei salotti di tutta Europa. Nel suo libro, pubblicato nel 1771, Barletti presenta un dettagliato resoconto di numerose esperienze effettuate in laboratorio, accompagnate da riflessioni teoriche in un settore d'indagine, quello dei fenomeni elettrici appunto, che lo vedeva impegnato ormai da diversi anni. Come attesta senza possibilità di equivoci il titolo dell'opera, Barletti si propone di addurre nuove prove sperimentali a favore della teoria di Benjamin Franklin (1706-1790), sostenuta anche da Giambattista Beccaria (1716-1781), uno dei grandi "elettricisti" italiani del Settecento. In base a questa teoria, esiste soltanto un fluido o "fuoco elettrico", nel senso cioè che l'elettrizzazione consiste nel sottrarre fluido elettrico da un corpo e nell'immetterlo in un altro. Tutti gli esperimenti di Barletti sono realizzati sulla base della teoria frankliniana, creando, per così dire, un procedimento di tipo circolare, dove le evidenze sperimentali non possono far altro che comprovarla ulteriormente. Nelle Nuove sperienze il loro autore fornisce anche un'accurata descrizione dei principali apparecchi elettrici dell'epoca, dalla macchina elettrica alla bottiglia di Leida e al quadro di Franklin, così come dei concetti impiegati per spiegarne gli effetti. Da questo punto di vista, l'opera rappresenta una straordinaria sintesi di quello che era lo stato dell'arte nel campo dei fenomeni elettrici nella seconda metà del XVIII secolo, da cui emerge anche un orientamento filosofico di tipo baconiano e l'idea "illuministica" che gli apparati tecnici, come il parafulmine di Franklin, sono strumenti di pubblica utilità. Franco Giudice