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Da sempre l'umanità ha inventato rappresentazioni di Dei. Ma l'invenzione non è mai solo un prodotto della fantasia. L'inventare è sempre anche un trovare. Persino le più improbabili invenzioni sono costruite con spezzoni di ciò che si è trovato nell'esperienza effettiva. Che cosa c'è nella stessa esperienza che spinge a concepire qualcosa di "trascendente" che in teoria dovrebbe essere il contrario dell'esperienza? Questo libro delinea una prospettiva ispirata dall'insegnamento di Husserl e di Merleau-Ponty, ma anche di Hegel, di Deleuze e di Pareyson: autori certo non omologabili fra loro ma che in vario modo inducono a pensare il "trascendente" quale proprietà essenziale dell'esperienza, e non come l'"al di fuori" di essa. Giacché l'esperienza è il vissuto del tempo: essa riguarda gli eventi, che non sono semplici fatti perché l'apparire in superficie del fatto lascia trasparire uno sfondo inesauribile il cui spessore dipende dall'intenzione dell'osservatore di andarci a fondo. Il vissuto - in trasparenza - dello sfondo compreso nell'evento, la percezione della sua proprietà "trascendente", suscita la costruzione di immagini che diventano, fra l'altro, le invenzioni di Dio. L'esperienza dell'evento è l'origine non religiosa della religione.