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È con la sensibilità dell'artista - e del lettore appassionato - che Stefano Levi Della Torre si accosta alla Divina Commedia, sondandola con brevi scritti e rapidi tratti di penna e matita che catturano l'esattezza fisica ed emotiva dei versi danteschi. Il realismo di Dante è paradossale: se da un lato il poeta traduce i suoi argomenti in fatti riconducibili all'esperienza che l'uomo ha delle cose, dall'altro accompagna il lettore in un mondo altro dove, per esempio, Virgilio, Beatrice e il Minotauro sono resi con la medesima plasticità, in un reciproco potenziamento di fantasia e verosimile. È il parlare figurato proprio dell'arte in cui la finzione è rappresentazione della verità, in un rapporto che si ritrova rovesciato nella frode - il falso che si presenta come vero - raffigurata da Dante in Gerione, serpente con "faccia d'uom giusto". Questo libro vuole essere un invito a gustare la Divina Commedia, in una sorta di lettura originaria che metta tra parentesi gli apparati di note per godere delle pure modalità narrative, in grado di evocare effetti figurativi e percettivi, ricostruendo con la parola le atmosfere e gli spazi fisici del viaggio nell'oltretomba, facendo vedere, udire, odorare e toccare le cose raccontate.