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L'autore mette in risalto la specificità della meditazione buddhista, basata su una modalità essenziale: la consapevolezza come presenza a se stessi e, nello stesso tempo, presa di distanza dal mondo. Questo genere di meditazione - qui indagata seguendo i testi antichi del Canone Pali (I sec. a.C.) - ha una valenza spirituale che permette di afferrare il significato anche esistenziale del buddhismo: essa è un valido antidoto contro le situazioni di disagio e ansia tipiche della nostra cultura. È però soprattutto il suo valore conoscitivo a essere qui indagato: il metodo proposto per prendere coscienza di sé - e la sua forza mistica di possibile via al nirvana - costituisce un fertile terreno di dialogo tra scienze cognitive e fenomenologia, che sono invitate a riconoscersi reciprocamente integrandosi per giungere a un'autentica concezione dell'io nel suo rapporto con la trascendenza.