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Josef Pieper è annoverato fra i pensatori cattolici tedeschi che nella prima metà del Novecento hanno alimentato un pensiero di ispirazione cristiana in grado di dialogare con le sfide della modernità - un'impresa culturale in cui fa la parte del "tomista". A Tommaso D'Aquino però - evidenzia il curatore di questo volume - Pieper deve il metodo più che il contenuto, e forse la sua stessa longevità editoriale: a essere mutuato è lo sguardo filosofico che ha per oggetto la "verità delle cose", nella "spregiudicatezza di fronte alla possibilità della conoscenza della realtà, sia dal punto di vista teologico che filosofico, scientifico o puramente empirico e nella sua disponibilità al dialogo". La sua "attualità" non asseconda i tempi, ma sa dire "no" al tempo riflettendo sulle sue ragioni profonde. Un classico è, in tal senso, il testo di Pieper del 1935, alla base degli studi successivi sulle virtù, qui per la prima volta tradotto in italiano: "La realtà e il bene". Il "bene" va indagato con rigore, perché è un dovere dell'uomo esplorare la sua capacità di formulare giudizi morali oggettivi, pur senza mettere necessariamente capo a un assolutismo etico.