Tab Article
È nella fisiologia della storia la comparsa e il tramonto di modelli interpretativi sul rapporto fra società e religione, e lo è perché questi leggono sempre a posteriori una realtà che li supera: come a lungo predominante è stato il concetto di 'secolarizzazione', così si assiste ora a un nuovo 'paganesimo', che interroga teologi e sociologi delle religioni. Se è vero però - per dirla con Robert Bellah - che "nulla va mai perduto definitivamente", non si tratta di rivoluzioni, ma di processi religiosi e culturali da indagare con prudenza, scandagliando ciò che in essi si trasforma e insieme si conserva. Neopaganesimo è la consapevolezza del limite degli uomini, o anche un nuovo spazio per gli dèi critico verso monoteismi forieri di violenze. Riflettere sul paganesimo può voler dire però anche imparare la tolleranza e un modello di convivenza fra le religioni basato sulla 'pluralità', senza rinunciare alla salvezza come bisogno di trascendenza. Si tratterebbe di lasciare a ognuno la sua salvezza: ma di fronte a questa libertà che ne è della verità cristiana? Per offrire delle risposte non ci si può ancorare alla sua unicità, ma riconoscere quel fenomeno e coglierne i limiti e il significato. In questo volume lo si fa a partire da una sua analisi descrittiva, cercando di individuare il luogo e la nascita di 'Dio' o del religioso nell'esperienza umana e di comprendere la tendenza a privilegiare la molteplicità, rispetto al divino e alla salvezza.