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Uscita postuma nel 1981 a cura di Fulvio Tessitore, quest'opera s'è imposta subito come il capolavoro di Piovani. Un testo dove confluiscono i suoi pluridecennali e innovativi scandagli su storicismo, esistenzialismo e filosofia morale nel pensiero contemporaneo, ed assumono un profilo teoretico spesso nascosto nelle opere precedenti. Qui è la categoria di "assenza" deesse - ad assumere una funzione centrale: nell'uomo v'è una costitutiva "difettività" che pungola a costruire possibili orizzonti di senso, pur nella consapevolezza della loro fragilità. L'"assenza" è quindi il paradossale fondamento di un'etica della finitudine: "gli esistenti sono in quanto si fanno, il loro farsi è un produrre effettività, essi non possono essere in quanto sono, ma in quanto divengono e il loro divenire è un continuo difendersi dall'inesistenza, una continua assunzione di coscienza della precarietà combattuta". Sono pagine dove il dialogo con Pascal, Kant, Heidegger, Nietzsche delinea uno "storicismo esistenziale", un modello tragico della vita e una teoria pluralistica dei valori. Una prospettiva che - memore della teologia negativa - riconosce nella responsabilità dell'agire morale la religiosità dell'esistenza.