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Estraneo a ogni raggruppamento, tra quelli che caratterizzano le neoavanguardie degli anni sessanta e settanta, Pascali li ha tutti attraversati in maniera singolare ed eccentrica. Il suo lavoro, dal 1965 al 1968, ha rotto con la tradizione introducendo nell'arte nuovi materiali e tecniche, nuovi soggetti e contenuti e una diversa modalità di vivere l'opera come arma non violenta al servizio del cambiamento. L'ironia e il gioco sono le sue armi, la febbre del fare, la vitalità, l'energia, la sensualità i suoi tratti distintivi. Nessun aspetto della realtà si sottrae al suo sguardo che analizza, scompone e ricompone. La sua ricerca nasce da una sensazione crescente di perdita d'identità. Erano gli anni in cui i media dilatavano gli orizzonti provinciali dell'Italia, importando dagli Stati Uniti modelli di comportamento e stili di vita. Pascali collega l'attenzione alla sfera dei valori urbani all'interesse per il primario in un processo di reinvenzione e ricostruzione poetica del mondo.